venerdì 26 novembre 2010

Emergenza rifiuti



Napoli è pulita. Parola di Berlusconi.
Non voglio dare tutta la colpa al governo ... ma le menzogne proprio non le sopporto.
I problemi non si risolveranno mai se non si eliminano politicamente certi personaggi.
Sulla ricostruzione della vicenda campana e delle vere colpe del fallimento della gestione del ciclo integrato dei rifiuti, c'è anche un interessante articolo di Gabriella Gribaudi, docente di Storia Contemporanea presso l'Università Federico II di Napoli, che posto qui di seguito.
Gli anelli deboli della catena
di Gabriella Gribaudi
Come spesso succede nel nostro Paese, la discussione sui rifiuti napoletani si svolge
eludendo i termini concreti della questione e le vicende storiche che hanno provocato il disastro. È necessario allora ricostruire la catena degli errori e delle responsabilità che hanno portato alla situazione attuale.
Primo anello. La gara vinta dalla Fibe-Impregilo. La gara per due termovalorizzatori e sette impianti di Cdr iniziata nel 1998 (commissario straordinario Rastrelli) e conclusasi nel 2000 (commissario Bassolino) fu impostata male, portò a vincere l’impresa che aveva proposto l’impianto meno avanzato. La realizzazione fu anche peggiore: dagli impianti costruiti dalla Fibe esce un rifiuto che gli esperti chiamano, con un nome allusivo molto significativo, «tal quale». Si tratta, cioè, di rifiuti triturati e impacchettati, ma tali e quali a quelli che sono entrati, che quand’anche ci fosse il termovalorizzatore non potrebbero
essere bruciati. Questo è uno dei motivi per cui il suolo campano è coperto di ecoballe che non potranno mai essere gestite in un moderno ciclo di smaltimento, ma finiranno sempre in discariche. Inoltre il contratto prevedeva che il sito del termovalorizzatore di Acerra venisse scelto liberamente dalla ditta vincitrice. E, per i poteri di deroga del commissariato straordinario dovuti all’emergenza, non veniva richiesta la «valutazione di impatto ambientale» (Via). Successive modifiche all'ordinanza non resero comunque mai obbligatoria una vera valutazione. La scelta del sito ha dato origine al noto conflitto con le popolazioni. L’impresa Fibe, la capofila Impregilo e i suoi vertici (Piergiorgio e Paolo Romiti) sono stati accusati di truffa ai danni dello Stato e dei cittadini.
Il commissario straordinario del tempo, Antonio Bassolino, con i vice commissari di «inerzia» e mancanza di controllo. Il processo sta per avere corso.
Secondo anello della catena. La raccolta differenziata.
Per la raccolta sono stati creati 18 consorzi che dipendevano dal commissariato straordinario e che si sono dimostrati strutture inefficienti, inutili e clientelari. Inefficienza e spreco di danaro pubblico in alcuni casi si sono trasformati in vere e proprie truffe organizzate con personaggi di dubbia correttezza. Nel caso di Mondragone e della società mista pubblico-privato Eco4 è
emerso un rapporto con la camorra. Sono stati assunti e spalmati nei 18 consorzi per la raccolta differenziata circa 2300 lavoratori poi stabilizzati con un bando regionale nel 2001. Sono entrati, attraverso una corsia preferenziale, gli iscritti alle cooperative dei disoccupati organizzati. Quegli stessi che per mesi, anzi per anni, avevano bloccato le strade, le navi nel porto con i turisti obbligati a scendere, avevano incendiato cassonetti della spazzatura e autobus, con una vera e propria guerriglia urbana che aveva
bloccato la città. Nella compilazione delle liste sono state trovate anche in questo caso collusioni con la camorra, dimostrate in ben due processi. Questi lavoratori non fanno nulla e sabotano mezzi meccanici e attività.
Terzo anello. Il commissariato stesso. A questo proposito per brevità non ci resta che usare le parole della commissione parlamentare di fine anno che ribadisce le accuse durissime al commissariato straordinario «le cui inefficienze strutturali si sono rivelate, lungo questi anni, di tale entità da pregiudicarne in modo irreversibile operatività ed efficacia».
Ci troviamo di fronte a una fitta rete di responsabilità e a una catena di decisioni che, in un circolo vizioso, hanno condotto sempre più lontano dagli obiettivi preposti. Attraverso il commissariamento straordinario si è creato un sistema chiuso e autoreferenziale che è cresciuto su se stesso. Sono proliferate le spese: negli ultimi dieci anni si sono spesi circa 780 milioni di euro all’anno in emolumenti, consulenze, affitti degli immobili; si sono destinati invece unicamente 29 milioni all’anno per investimenti (relazione 2007).
L’emergenza ha permesso di saltare procedure trasparenti, di scegliere consulenti e
imprese al di fuori della concorrenza, evitare la mediazione con le popolazioni e con le istituzioni locali, annullandone le capacità gestionali. Ha infine prodotto decisioni unilaterali, non misurate con percorsi e contesti concreti.
Non c’è stata capacità di previsione e non c’è stato controllo. Si è realizzato un sistema che a ogni snodo presentava inefficienze e mancanze, e in queste inefficienze si è infiltrata l’opera della camorra: gli appaltatori dei trasporti e dello smaltimento hanno subappaltato ad altre ditte, che a loro volta hanno subappaltato a ditte ancora più piccole, in una catena incontrollabile in cui si sono con facilità inserite le organizzazioni criminali locali. Ma, si deve sottolineare, non è stata la camorra a indirizzare il piano e a farlo fallire. La camorra, esplicando un suo ruolo classico, ha gestito i gap all’interno del sistema e ha approfittato della storica incapacità di controllare i risultati del proprio operato delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche campane. All’origine del disastro ambientale verificatosi c’è poi l’operato di un’impresa nazionale, l’Impregilo. Il risultato?
Un piano, una gara, un contratto sbagliati, un’esecuzione ancora peggiore, coniugati con l’inefficienza totale della pubblica amministrazione, sono la causa prima del fallimento del ciclo dei rifiuti campani. Come nel ciclo dei rifiuti nocivi c’è una stretta complementarietà fra interessi nazionali e interessi locali. Imprese nazionali e internazionali hanno tratto profitti dalla politica dell’emergenza in cambio di una pessima prestazione.
D’altro canto gruppi dirigenti locali, attraverso la struttura del commissariato, hanno potuto gestire un rilevante flusso di spesa, rafforzando il proprio potere ed estendendo la rete di amici e clienti. E a farne le spese sono stati il territorio e i cittadini comuni.(Cronaca di Napoli - 12 gennaio 2008)
L'articolo risale al 2008... ma cosa è cambiato da allora? Nulla o quasi.
Quello che Berlusconi diceva di aver fatto, di aver risolto, è stato solo un provvedimento tampone per assicurarsi l'elettorato e conquistare la regione.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
La verità sui rifiuti di Napoli a Vieni via con me, monologo di Saviano
Prima parte

Seconda parte


Terza parte

Quarta parte

Guardate questi video, un pò di pazienza, la verità rende liberi.

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