lunedì 28 dicembre 2009

Natale nel teatro e nella commedia napoletana


Il Natale è ormai trascorso , anche se da pochi giorni.

A casa mia , ma non solo, un pò in tutte le case napoletane e campane, durante il periodo natalizio è "d'obbligo " deliziarci con il teatro eduardiano , in special modo , visto il periodo, "NATALE IN CASA CUPIELLO" è una icona irrinunciabile.
A casa mia le battute eduardiane fanno parte del quotidiano. Talvolta non ce ne rendiamo neanche conto ..." Ma che t'avesse rata 'na mazzata ncapa?" oppure "Addumandatelo a nennillo" o ancora "Ma che brutta gent" e la classica " te piace ' o presebbio?"
ci escono spontanee ... nei discorsi normali che avvengono in famiglia, come succede anche con le battute e le "smorfie" del grande principe Totò.


Natale in casa Cupiello, è considerata dalla critica teatrale un pezzo storico del teatro partenopeo ed italiano. Questa grande opera di Eduardo de Filippo rappresenta non solo la tradizione del presepe napoletano, ma anche la stessa festività natalizia con tutti i suoi aspetti, anche quelli quotidiani come il freddo ed il gelo dell’inverno. Poiché tutta la vicenda ruota attorno al presepe, motivo di orgoglio per il protagonista/personaggio Luca Cupiello (presepe che però, come andremo tra poco a vedere, non è ben accettato dal resto della famiglia), abbiamo pensato di spendere qualche parola anche sul presepe napoletano, che può essere visto anche come un palcoscenico con tutti i suoi pastori, i suoi addobbi e le sue decorazioni che costituiscono, a nostro parere, una vera e propria scenografia teatrale.

Natale in casa Cupiello
Natale in casa Cupiello è un classico della commedia partenopea ed è una delle opere più note di Eduardo De Filippo. Fu scritta nel 1931 e rappresentata dal medesimo Eduardo con l’intera sua Compagnia “Teatro Umoristico I De Filippo”, nel 1932 al Teatro Kurssal di Napoli, dove inizialmente venne inscenato il solo atto unico del dramma. In seguito il nostro drammaturgo decise di lavorare accuratamente a questa commedia sottoponendola ad una attenta revisione e così, nel1934, si ebbe l’opera completa in tre atti. Natale in casa Cupiello entrerà a far parte del ciclo della famosa Cantata dei giorni pari, (tale ciclo comprenderà le opere comiche di stampo “petitiano-scarpettiano”, e “i giorni pari” simboleggeranno giorni lieti e di grande speranza). Protagonista della vicenda è Luca Cupiello, un uomo colpito dall’inerzia, che vive al di fuori dei suoi problemi familiari; ciò si evince dalle parole della moglie Concetta: <<…[ ] ’O ciel m’ha voluto castigà cu’ nu marito ca nun ha saputo e nun ha voluto fa maie niente. [ ] E se non era pè me, chissà quanta vote sta casa sarebbe andata sotto sopra>>; o in un’altra battuta la donna ribadisce: <<[ ] Maritemo è comme si nun ‘o tenesse…[ ] Pecché si tenesse a n’ato ommo vicino, questa storia sarebbe già finita>>. Luca Cupiello infatti si estrania sempre da tutti i suoi parenti, anzi va detto che, nessuno dei suoi cari gli permette di ascoltare i guai che invadono la sua casa, non conosce le ansie e le preoccupazioni del fratello Pasquale che vive in casa con loro, non sa le malefatte del figlio Tommasino (detto Nennillo), ed è addirittura all’oscuro della relazione extraconiugale che la sua adorata figlia Ninuccia ha con l’amante Vittorio Elia. Il protagonista desidera solo costruire il suo presepe, visto che per lui, il presepe è simbolo di uno spazio alternativo alla realtà in cui vive, anzi esso gli consente proprio di distaccarsi dalla realtà e di evadere dai problemi quotidiani che colpiscono i membri della sua famiglia. Ecco che il presepe eduardiano si carica di metafore. Alcuni studiosi ritengono che Eduardo abbia voluto proiettare nell’immagine della Sacra Famiglia il suo desiderio di un unione familiare, ossia il presepe metaforicamente indica un mondo familiare ricco di sentimenti che purtroppo sembrano non esistere più. Si ha l’impressione che la sfera degli affetti si sia del tutto sgretolata nel momento in cui si è scontrata con l’egoista società novecentesca; una società che ha perso di vista i veri valori e i sani principi morali.La commedia ha sfumature comiche, grottesche, farsesche e analizzando la tematica dell’incomunicabilità e dei contrasti familiari presenta un dramma fortemente realistico. Ermanno Contini, in un suo articolo pubblicato su “Il Messaggero”, Roma, 12 giugno 1937, scrisse che “da un atto farsesco è venuta fuori una commedia ricchissima sì di comicità, ma anche di umanità, patetica, amara, commossa [ ]”. La pigrizia di Luca Cupiello scompare quando egli si dedica alla costruzione del suo “presebbio”, l’uomo mostra un grande entusiasmo per il proprio presepe assumendo atteggiamenti tipici di un bambino; - Concetta: << [ ] Vedete se è possibile: n’ommo a chell’età se mette a fa’ ‘o Presebbio>> -. Si ricordi che il protagonista cercherà a tutti i costi di convincere il cinico e scettico figlio Nennillo che la sua creazione è degna di essere ammirata e apprezzata, tanto è vero che Luca chiederà in continuazione al figlio: <<”Tommasì, te piace ‘o presebbio?>>, fino a quando il protagonista trovandosi quasi in fin di vita, avrà finalmente avuto dal figlio il sospirato <>. Secondo il critico Francesco D’Episcopo, nella commedia Natale in Casa Cupiello, abbiamo un notevole passaggio “dal sereno presepe di cartapesta al drammatico presepe vivente che Luca e i suoi parenti rappresentano”. Donna Concetta impersona il ruolo della “povera martire” patriarca, sembra un paradosso ma è proprio lei il vero “pater familias” dei Cupiello, dato che ella si fa carico di tutti i problemi e i guai familiari. Protegge il figlio Nennillo dagli insulti del padre, ascolta gli sfoghi della figlia, ha cura dell’andamento della casa, ecc... Nennillo è un ragazzo ingenuo, infantile ed alfabetico che non ha alcuna voglia di lavorare, ha quasi trentanni e passa la sua giornata compiendo dei piccoli furti, mentre Ninuccia è una donna infelice poiché ha sposato senza amare il marito Niculino e ora vorrebbe vivere serenamente la sua nuova storia d’amore con Vittorio. Eduardo in una intervista parlando della sua commedia rivelò che per lui fu molto difficile inscenare questo dramma nella sua Napoli in quanto per la stesura dell’opera si ispirò effettivamente ad una famiglia napoletana che ebbe modo di conoscere: <<[ ] Non si chiamava Cupiello, ma la conobbi>>, (Eduardo, 1936).

PARTE INIZIALE - LUCARIELLO E CONCETTA



PASQUALE E TOMMASINO


LUCARIELLO E TOMMASINO



CONCETTA E LUCARIELLO



SCENA DIVERTENTISSIMA_LA LETTERA

venerdì 25 dicembre 2009

Tradizioni natalizie napoletane e Campane: Cenone della Vigilia e Pranzo di Natale



Il pranzo di Natale ed il cenone della Vigilia a Napoli



Il Natale napoletano è caratterizzato oltre che dal presepe, dal gioco della tombola, dalle novene dei zampognari e dal “Natale in casa Cupiello” inevitabilmente anche dal menu natalizio che nelle famiglie più legate alla tradizione è un rito irrinunciabile. Sia il cenone della Vigilia che il pranzo di Natale assumono dei caratteri ben definiti, il primo dominato dal pesce, il secondo dalle verdure e la carne. Entrambi i menu sono comunque completati dai dolci natalizi, i cui colori e profumi accompagnano tutte le feste natalizie della famiglia napoletana.

Nella fotografia in alto, gli struffoli, il colorato dolce di origine antichissima, presenza obbligata su tutte le tavole campane nel periodo natalizio.



Cenone della Vigilia (24 Dicembre)
- Spaghetti con le vongole (o lupini)
- Baccalà e capitone fritto
- Insalata di rinforzo e broccoli al limone


Pranzo di Natale (25 Dicembre)
- Minestra maritata
- Gallina al brodo
- Insalata di rinforzo e broccoli al limone


Dolci di Natale (tutte le festività natalizie)
- Struffoli
- Roccocò
- Mustaccioli
- Susamielli
- Pasta di mandorle


Per completezza va aggiunto che in molte famiglie si è soliti mangiare il giorno della Vigilia anche del pesce fresco (spigola o orata olio e limone spesso al posto del capitone, non gradito da molti), mentre a Natale si possono trovare anche dei maccheroni conditi col ragù napoletano (serviti subito dopo la minestra) ed ovviamente carne al ragu.


Questo il cenone della vigilia che ho preparato:




  • Spaghetti con le vongole
    Baccalà e capitone fritto(il capitone è solo una devozione)
    Peperoni fritti
    Insalata di mare( polipo,seppie e gamberetti)
    Insalata di rinforzo classica
    Frittura di pesce(calamari e gamberi)
    Gamberoni al forno ('mbriacati con grappa)
    Frutta secca
    Dolci tradizionali napoletani (struffoli, roccocò e mustacciuli ed in più cassata e cannoli siciliani)
    Limoncello amalfitano
    Caffè napoletano
    Vino Fiano del Cilento


    Il pranzo di Natale di oggi
    Antipasto classico(prosciutto e mozzarella con l'aggiunta di verdure sott'olio e sottaceti)
    Minestra maritata( per devozione)
    Conchiglioni ripieni al forno
    Pollo arrosto con patate
    Agnello alla brace con piselli
    Insalata di rinforzo classica
    Frutta di stagione + ananas
    Dolci natalizi napoletani + panettone e pandoro
    Limoncello e fragolino
    Spumante italiano
    Caffè napoletano
    Vino Aglianico del Taburno





Una scena da "Natale in casa CUPIELLO"....

sabato 19 dicembre 2009

San Gregorio Armeno, la via dei presepi



La tradizione presepiale non può prescindere da Napoli, la nostra bella città là dove l'arte del presepe coinvolge e seduce per tutto l'anno ma, ovviamente, nel periodo natalizio l'atmosfera è resa ancora più incantevole per la presenza dei numerosi mercatini che si concentrano soprattutto nel suo cuore più antico, quello di San Gregorio Armeno, in un dedalo di vicoli che si colorano di vita e di luci.
Passeggiando tra le caratteristiche botteghe, si possono ammirare i capolavori degli artigiani che espongono ogni anno le loro novità; non si può perdere l'occasione di acquistare una delle tante statuine che ritraggono i tradizionali personaggi legati alla Natività oppure caricature di vip o altri soggetti legati al mondo della politica e del gossip.


Una strada stretta e in salita, posta nel cuore di Napoli, ospita centinaia di botteghe e laboratori artigiani di "arte presepiaria". Il presepio, si sa, è una tradizione antica e ricchissima a Napoli e questa via ne è il fulcro. Già ai primi di novembre, è difficile camminare, guardare, fotografare. A dicembre, vicino alle feste, è impossibile anche provarci. Il presepe si costruisce l'8 dicembre. Si tira fuori le casette e la grotta, oppure l'ambiente già predisposto, che verrà animato dalle statuette dei pastori. E' di buon augurio aggiungerne una ogni anno.


Le botteghe sono piene di statuine. Se non bastano gli scaffali, gli angeli possono volare appesi a nastri colorati. La scelta è incredibile: ci sono statuette di ogni foggia e colore, ci sono i mercanti, i pastori, le statue vestite, quelle di gesso, quelle piccolissime, anche solo 2 o 3 centimetri, e quelle più grandi, fino a 30.
Il presepe napoletano non è solo artigianato e tradizione popolare ma rappresenta anche una forma di elevata espressione artistica da ammirare presso il Museo di San Martino dove è conservata la più grande raccolta presepiale d' Italia. Courtesy of©Portanapoli.com












domenica 11 ottobre 2009

Storia della canzone napoletana _5^ parte ( Era de 'maggio, Marechiaro, Maria Marì)

Ancora lontani i tempi della fonoincisione, è interessante studiare come venivano diffuse le nuove melodie che si componevano.
Delle copielle abbiamo detto, fogli volanti sui quali veniva stampato alla buona il testo della canzone. L'editore (di solito anche tipografo) donava mille copie stampate all'autore ed una quantità variabile in denaro a seconda del prestigio dell'artista a titolo di diritto d'autore, le altre le affidava ad abili venditori ambulanti che le piazzavano in giro per la città.
La popolarità del brano veniva affidata anche a posteggiatori, musicanti girovaghi che operavano in ristoranti di Napoli o nei locali alla moda che eseguivano i loro pezzi per pochi spicci come una sorta di juke box umani, ma che non di rado facevano carriera fino ad arrivare ad esibirsi nei più noti teatri; diffusi anche gli organetti o i pianini meccanici, di solito "installati" in botteghe di barbieri o sartorie.
Le "periodiche" erano i palcoscenici dei salotti napoletani, riunioni nelle quali un poeta o un tenore declamavano i loro versi, comici motteggiavano scherzosamente sui presenti e, quando il salotto ospitante era tra quelli della Napoli "bene", si sorseggiava rosolio e si gustava un buffet freddo, nelle case più modeste si servivano (da qui la nota espressione) tarallucci e vino.
ALCUNI FAMOSI BRANI DEL TEMPO...nonostante sia trascorso così tanto tempo sono canzoni , testo e musica, memorabili che si tramandano di generazione in generazione
Sono anni di grande produzione per Salvatore Di Giacomo: Tra il 1885 e il 1888 appaiono in "Capitan Fracassa" i versi e la musica di Marechiaro, su "Il salotto" "Era de Maggio" musicata da Costa dove tocca il punto piu' melodioso.


" E dicevo Core core ! // E dicevo cuore cuore
Core mio luntane vaie // cuore mio lontano vai
Tu me lasse io conte ll'ore // tu mi lasci io conto le ore
chi sa quante turnarraie! // chissà quando ritornerai
Rispunnev io turnarraggio // Rispondevo io ritornerò
quanno tornano lle rrose, // quando tornano le rose
si stu sciore torna a maggio // se questo fiore torna a maggio
pure a maggio io stongo cca " // anche a maggio io starò qui.


Era de maggio _ testo di Salvatore Di Giacomo, musica di Costa


Ma Di Giacomo e' anche un'artista ricercato legato alla cultura verista. La sua produzione si muove con colori e sfumature, facendo dei suoi scritti, lavori artistici, mescolando un temperamento amoroso con tratti tristi e malinconici come con Marechiaro con la quale si conquista la fama mondiale.
Leggete e ascoltate un pò questa...

"Quanno sponta la luna a Marechiaro //Quando spunta la luna a Marechiaro
pure li pisce nce fanno ll'ammore, // anche i pesci fanno l'amore(s'innammorano)
se revotene ll'onne de lu mare, //si rivoltano le onde del mare
pe lo priezza cagneno culore
// per l'allegria cambiano colore
quanno sponta la luna a Marechiaro //... quando spunta la luna a Marechiaro
A Marechiaro ce sta na fenesta, //A Marechiaro ci sta una finestra
la passione mia ce tuzzolea, //la mia passione le bussa
nu carofano addora int'a na testa //un garofano profuma in un vaso
passa ll'acqua pe sotto e murmule// ci passa l'acqua sotto e mormora
A Marechiaro ce sta na fenesta, //A Marechiaro c'è una finestra
[....] [....]
Scetate Caruli' ca ll'area e' doce .....//" Svegliati Carolina perchè l'aria è dolce...

Marechiaro_interprete, una delle più belle voci di Napoli Roberto Murolo

Vastissima la produzione di Salvatore Di Giacomo, e ci scusiamo con il gentile lettore per il poco spazio a lui dedicato in questo nostro breve percorso, altrettanto vasta e' la produzione di Vincenzo Russo.
La collaborazione con E. Di Capua fa firmare le piu' belle canzoni degli ultimi anni dell'800, in cui si delinea delle tipologie fisse, la finestra, le rose, il desiderio di dormire vicino all'amata ed il sonno che svanisce per l'asssenza dell'innamorata. Sono gli ultimi barlumi del romanticismo che si ritrovano in un'epoca ormai gia' decadente.
Maria Mari
Arapete fenesta Apriti finestra
famm' affaccia' a Maria Fai affacciare Maria
ca stongo mmieza 'a via speruto p'a' vede Che sto in mezzo alla strada col
desiderio di vederla
[....]
Oi Maria, Mari'// Maria Maria
Quanta suonno c' aggio perso pe te! //quanto sonno ho perso per te
Famm' addurmi //Fammi addormentare
nu poco abbacciato cu tte //un poco abbracciato con te

Maria Marì _interpreta Roberto Murolo

mercoledì 5 agosto 2009

Storia della canzone napoletana 5^ parte

Il 7 settembre di ogni anno, quindi, festa della Natività di Maria, in mezzo a carri festanti e luminarie, si presentano al pubblico i nuovi brani che gli artisti hanno preparato per la stagione, in una vera e propria Sanremo ante litteram che conoscerà le più alte fortune.

E' nato il Festival di Piedigrotta, che darà successo a pezzi celeberrimi quali Funiculì Funiculà, 'E spingole frangesi, 'O sole mio.

Ascoltiamo questi brani stupendi,cantati in tutto il mondo dai più svariati artisti.
Brani cosi meravigliosi che ancora oggi sono attualissimi.
Si tramandano con faciltà alle nuove generazioni.

FUNICULI' FUNICULA'

Fuje lanciata in occasione ’e l’inaugurazzione d‘ ’ a funiculare d‘ ’ o Vesuvio , ’e cinche ’a sera d ‘ ’o 6 'e giùgno d‘ ’ o 1880 .
'Sta canzona è una de' cchiù famose canzone napulitane e fuje scritta 'o 1880 'a Peppino Turco, 'nu giurnaliste e fuje musecata 'a Luigi Denza. Fuje scritta pe' l'inaugurazzione d"a primma funiculare d"o Vesuvio, e servette a fa avvicinà 'e turiste, e 'e napulitane, 'a funiculare.
'A canzone fuje 'nu successone, cu' tutte ca era stata scritta e musecata dinte a poche ore.dinto palazzo ca scensore vicine 'a cassarmonica e castiellammare.
'A primma vota fuje cantata dinte 'e salune 'e l'albergo Quisisana 'e Castiellammare 'e Stabia. Partecipaje 'a Festa 'e Piererotta, e avette 'nu grande successo, ca l'aiutaje ancora 'e cchiù, a spannere 'a canzona napulitana p"o munno, e a fa 'o richiamo pe' flotte 'e turiste, ca venevano 'a tutte parte.

Il testo in originale e tradotto QUI

E Spingule francese, E spingule sono riferite ‘e spingule ‘e nutrice, cioè spille da balia, divenute famose nella celeberrima canzone di Salvatore di Giacomo “ come (‘e Spingule francese).


Testo e traduzione QUI



O sole mio pubblicata nel 1898 è conosciuta a livello internazionale. È stata incisa da numerosi cantanti in lingue diverse.


Giovanni Capurro, giornalista e redattore delle pagine culturali del quotidiano "Roma" di Napoli, nel 1898 scrisse i versi della canzone affidandone la composizione musicale a Eduardo Di Capua. In quel tempo Di Capua si trovava ad Odessa, in Ucraina, con suo padre violinista in un'orchestra.
La musica sembra sia stata ispirata da una splendida alba sul Mar Nero; il brano venne poi presentato a Napoli ad un concorso musicale promosso dall'editore Bideri ma senza ottenere grande successo ed arrivando seconda, ma in seguito si diffuse sempre più - anche fuori dall'Italia - fino a diventare un vero e proprio patrimonio della musica mondiale.
'O sole mio è una delle canzoni più famose di tutti i tempi, ma non fruttò molto ai suoi due autori, Di Capua e Capurro, che morirono in povertà negli anni '20. In compenso, la casa di edizioni musicali Bideri continua a percepire le royalties del pezzo che - nonostante sia passato più di un secolo dalla registrazione - non è ancora divenuto di pubblico dominio grazie a un escamotage legale.


La più grande interpretazione di questa canzone rimane probabilmente quella di Enrico Caruso, ma moltissimi altri artisti hanno interpretato il brano, del quale esistono molteplici versioni; fra le più famose quella di Elvis Presley, col titolo di "It's now or never", derivata da una precedente incisione dell'attore e cantante Tony Martin. Il disco di Presley, pubblicato nel settembre del 1960, vendette dieci milioni di copie, risultando il più venduto della sua carriera[1]. Eccellenti anche le versioni di Dalida (1960) e di Claudio Villa (1964) e di Luciano Pavarotti solista e con " i tre tenori" Già nel 1957 Bill Haley and His Comets ne avevano inciso una versione, con titolo Come rock with me. Recentemente Pino Daniele ne ha eseguito una versione con lo stesso titolo.



Testo originale con traduzione QUI

sabato 11 luglio 2009

Storia della canzone napoletana 4^parte

Piedigrotta, 1839. Viene presentata una canzone che soggiogherà letteralmente Napoli, diventando addirittura per alcuni un ossessione. Si tratta di Te voglio bene assaje, pezzo che ebbe un successo travolgente (se ne venderanno subito 180.000 copielle, fogli con il testo della canzone stampato), che veniva cantata e fischiata davvero da tutti, al punto da indurre qualche napoletano (è successo veramente, lo riportano le cronache dell'epoca) a lasciare la città per non rischiare di impazzire. Sulla nascita di questo brano fiorirono molti aneddoti, chi raccontò che il Sacco, affermato rimatore salottiero napoletano improvvisasse questi versi nei riguardi di una signorina con la quale aveva avuto una relazione, chi attribuì la musica a Donizzetti.
Ad ogni buon conto, il brano, lasciatoci dal suo autore con testo scritto e firmato con nome e cognome, rappresenta l'atto di nascita della canzone italiana d'autore.
Come dicevamo, la canzone ebbe un successo travolgente, ossessionante, sentite questi versi che il barone Zezza, anche lui ormai ossessionato dal brano, ci ha lasciato, e che recitano "Da cinche mise canchero / matina juorno e sera / fanno sta tiritera / tutti li maramè - Che ssiente addò te vote - che ssiente addò tu vaie - te voglio bbene assaje - e tu nun pienze a mme!!!" che crediamo riescano ad interpretare anche i non-napoletani.
Ma oltre al successo, questo pezzo ha il merito di lanciare l'usanza di diffondere i nuovi pezzi in occasione della festa della Vergine.
Di questi nuovi pezzi , famosissimi ed importanti per la diffusione della nostra cultura nel mondo, parleremo nel prossimo post.



Testo
Io te voglio bene assaje
Pecché quanno mme vide,
te 'ngrife comm'a gatto?
Nenné', che t'aggio fatto,
ca nun mme puó' vedé?!
Io t'aggio amato tanto...
Si t'amo tu lo ssaje!

Io te voglio bene assaje...
e tu non pienze a me!

La notte tutti dormono,
ma io che vuó' durmire?!
Penzanno a nénna mia,
mme sento ascevolí!
Li quarte d'ora sonano
a uno, a duje, a tre...

Io te voglio bene assaje...
e tu non pienze a me!

Recòrdate lo juorno
ca stive a me becino,
e te scorréano, 'nzino,
le llacreme, accossí!...
Deciste a me: "Non chiagnere,
ca tu lo mio sarraje..."

Io te voglio bene assaje...
e tu non pienze a me!

Guárdame 'nfaccia e vide
comme sòngo arredutto:
Sicco, peliento e brutto,
nennélla mia, pe' te!
Cusuto a filo duppio,
co' te mme vedarraje...

Io te voglio bene assaje...
e tu non pienze a me!

Saccio ca non vuó' scennere
la grada quanno è scuro...
Vatténne muro muro,
appòjate 'ncuoll'a me...
Tu, n'ommo comm'a chisto,
addó' lo trovarraje?

Io te voglio bene asssaje...
e tu non pienze a me!

Quanno só' fatto cennere,
tanno mme chiagnarraje...
Tanno addimmannarraje:
Nennillo mio addó' è?!
La fossa mia tu arape
e llá mme trovarraje...

Io te voglio bene assaje...
e tu non pienze a me!




martedì 7 luglio 2009

Storia della canzone napoletana _3^ parte_

Siamo arrivati , in questa breve ricognizione, fino ai primi dell'ottocento, passando per altri motivi che hanno lasciato tracce di se nella memoria collettiva, e non di rado sono stati ripresi recentemente da gruppi della "new age" napoletana (si pensi a Lo Guarracino, Cicerenella), brani come Fenesta vascia o Fenesta ca lucive, dai versi definiti "altissimi" da Pier Paolo Pasolini, fino ad arrivare ad un altro, importantissimo "punto di svolta" della canzone partenopea, nel 1839, ma di questo parleremo nel prossimo post .

Cicerenella eseguita dalla Nuova compagnia di canto popolare, il testo lo trovate QUI



"Lo guarracino" lo potere ascoltare QUI e il testo QUI

"Fenesta vascia", il testo lo trovate QUI

sabato 4 luglio 2009

Storia della canzone napoletana 2 ^ parte

Di qualche tempo più tardi è un altro pezzo ancora vivo nella memoria popolare, si tratta di Michelemmà, storia di una ragazza rapita dai pirati saraceni durante una delle frequenti scorrerie sul litorale campano (Michela a mare, appunto), canzone a ballo dal ritmo allegro nella quale si scorgono già i caratteri della tarantella, ballo che, pur se di origine pugliese come ben richiama il suo nome, conoscerà a Napoli le migliori fortune (è tuttavia controversa questa interpretazione, attribuendo altri il nome tarantella al dimenarsi tipico di chi viene morso da una tarantola, il "tarantolato" appunto).
In questi brani va comunque ricercato il passaggio tra "tradizione popolare" e canzone.
La prima è infatti basata sull'oralità, nel senso che la sua creazione ed il suo tramandarsi avviene sempre senza l'uso della scrittura.
La canzone invece è legata ai meccanismi della produzione colta, con tanto di spartiti e testo scritto, in questo senso i brani che abbiamo appena citato, provenienti senz'altro dalla tradizione popolare, ma successivamente trascritti da letterati e musicisti di estrazione accademica, sono da considerarsi il momento di transizione tra la tradizione musicale orale e la canzone vera e propria.



Testo di
Michelemmà
E' nata miez'o mare
Michelemmà
e Michelemmà
e' nata miez'o mare
Michelemmà e Michelemmà
oje na scarola
oje na scarola

Li turche se nce vanno
Michelemmà
Michelemmà
a reposare

Chi pe la cimma e chi
Michelemmà
Michelemmà
pe lo streppone

Visto a chi là vence
Michelemmà
co sta figliola

Sta figliola ch'e figlia
Michelemmà
Michelemmà
oje de Notare

E mpietto porta na ...
Michelemmà
Michelemmà
Stella Diana

Pe fa mori' ll'amante
Michelemmà
Michelemmà
A duje a duje
Pe fa mori' li amanti
a duje a duje

domenica 28 giugno 2009

Storia della Canzone Napoletana _LE ORIGINI_ 1^ parte



Per risalire alle radici di quella che sarà la musica "pop" partenopea dobbiamo sprofondare nella notte dei tempi, addirittura nei secoli bui del medioevo, che, però, per il nostro mezzogiorno, sotto il regno di Federico II erano forse meno bui che per il resto della penisola. A quei tempi il Vomero non era ancora un popoloso quartiere di Napoli, ma un colle rigoglioso di faggi e castagni punteggiato da casali e da lavandaie che intonavano "villanelle" (così venivano chiamate le canzoni agresti a tema amoroso cantate a più voci) che ancora resistono nel repertorio popolare napoletano, e note appunto come Canti delle lavandaie del Vomero. Siamo, come detto, verso il 1250. ( clicca sul link per leggere il testo)